Infondate preoccupazioni #3

 

Care Colleghe, Cari Colleghi,

 

ben ritrovati. Il terzo numero della rubrica “infondate preoccupazioni” riguarda un tema di attualità per il nostro Ateneo, ovvero quello dei Dipartimenti di Eccellenza

Come credo sia a tutti Voi noto, la settimana scorsa è stata convocata una riunione dei Direttori di Dipartimento per discutere di un documento elaborato dalla Governance in merito alla possibile costituzione di Dipartimenti di Eccellenza basati sulle seguenti tematiche:

·    sostenibilità, declinata nelle diverse possibili accezioni (ambientale, economica, sociale, ecc.);

·    one health, declinata sui temi della biodiversità, salute dell’uomo e benessere animale;

·    biotecnologie;

·    migrazioni, diritti, culture.

La proposta prevede che le aggregazioni dipartimentali dovrebbero costituirsi a) sulla base della coerenza della produzione scientifica dei proponenti con le tematiche individuate, b) con il contributo di almeno il 70% di docenti che abbiano un elevato livello della produzione pubblicistica, valutato sulla base della potenziale capacità dell’aggregazione dipartimentale  di conseguire un risultato favorevole nella VQR 2020-2024, c) con numerosità non superiore a 70 componenti da mantenersi nel triennio successivo alla costituzione della nuova aggregazione dipartimentale

Inoltre, affinché si possa consentire alle nuove aggregazioni di espletare la loro “eccellenza” nell’ambito del calcolo dell’Indicatore Standardizzato di Performance Dipartimentale (secondo i risultati della VQR 2020-2024) del prossimo avviso dei dipartimenti di eccellenza, cioè quello relativo al ciclo 2028-2032 (sempre che ci sia ancora), e ragionando per analogia con il precedente avviso, le nuove aggregazioni dipartimentali dovrebbero essere costituite entro la fine del prossimo marzo 2026.

Da qui l’urgenza di avviare la discussione con i Direttori di Dipartimento attorno al documento predisposto dalla Governance, al fine di individuare il percorso più efficace per migliorare la performance nell’ambito del prossimo ciclo dei Dipartimenti di Eccellenza.

 

È indubbio che questi dipartimenti consentano di drenare risorse finanziarie importanti per le università. Il nostro Ateneo, nei precedenti due cicli, ha avuto un solo dipartimento di Eccellenza, il Dipartimento di Giurisprudenza, e certamente poter disporre di più dipartimenti di Eccellenza costituirebbe un palese vantaggio. A titolo di esempio, l’Università Federico II di Napoli è passata da 5 dipartimenti di Eccellenza nel ciclo 2018-2022, con un finanziamento annuo complessivo di circa 8,5 Mln di euro, a 12 dipartimenti di Eccellenza nel ciclo 2023-2027, con un finanziamento annuo complessivo di circa 20 Mln di euro. 

Tuttavia, i Dipartimenti costituiscono il luogo centrale della vita lavorativa di noi docenti e sono aggregazioni che si fondano principalmente su matrici culturali e relazionali e non su ragioni legate a performance di finanziamento. Non mi risulta infatti, che l’Università Federico II abbia ottenuto la performance eccezionale del ciclo 2023-2027 attraverso la costituzione di dipartimenti ad hoc, ma operandosi per migliorare la qualità della ricerca di tutti i dipartimenti esistenti.

Di contro, noi ci troviamo a discutere una proposta, elaborata dalla Governance, sulla base, temo, di simulazioni numeriche fondate sui risultati della VQR 2015-2019 e/o su misure di proxy della prossima VQR 2020-2024 (immagino per i soli settori bibliometrici). 

Una proposta le cui tematiche derivano probabilmente dall’aggregazione dagli interessi scientifici dei docenti individuati attraverso le simulazioni numeriche e che non può che essere percepita, temo, come la costituzione di “good companies” a scapito di “bad companies”. 

Sono un ingegnere, e gli algoritmi, come pure le performance, sono parte del mio bagaglio culturale, ma sono anche uno studioso di organizzazioni e so che l’Uomo deve essere sempre al di sopra degli algoritmi. Pertanto, non penso assolutamente si possa organizzare la struttura dipartimentale di un Ateneo sulla base di risultati di simulazioni numeriche, su cui si costruiscono artificiose tematiche culturali per dar vita a “good-companies” che forse, se le simulazioni sono corrette, consentiranno di avere qualche dipartimento di Eccellenza in più, magari a scapito della vita dei docenti, della loro motivazione, dell’offerta formativa, dell’impatto culturale e sociale che ciascun dipartimento svolge nel nostro territorio. E soprattutto non posso essere d’accordo su un processo che porta ad una così ampia e profonda trasformazione delle nostre vite lavorative senza la più ampia partecipazione di tutti coloro che sono interessati. Un Ateneo non può essere disegnato da un algoritmo!!!!  

 

Come siamo arrivati fin qui? Perché a 5 mesi dalla scadenza relativa ai Dipartimenti di Eccellenza ci troviamo a discutere una proposta di aggregazione dipartimentale che è probabilmente frutto di un algoritmo di reverse-engineering?

 

La risposta, a mio avviso, è mancanza di visione strategica. Quattro anni, una volta noti i risultati della VQR 2015-2019, non lusinghieri per il nostro Ateneo, sarebbe stato opportuno (e strategico) intraprendere un programma di Ateneo per “il miglioramento continuo della qualità della ricerca

Un piano fondato sul coinvolgimento e sulla consapevolezza dell’importanza della qualità della ricerca nel panorama odierno dell’ università italiana e di azioni intraprese da altri Atenei virtuosi, quali, a mero titolo di esempio, grant interni competitivi per PI giovani per mobilità internazionale, attrazione di profili forti (chiamate dirette / chiara fama) in settori deboli dell’Ateneo, supporto all’accesso ai grandi programmi UE ed ecosistema ERC, incentivi alla partecipazione a reti di ricerca europee, premialità e incentivi economici collegati ai risultati di ricerca quali pubblicazioni su riviste/collane davvero prestigiose, incentivazione a iniziative di cross-teaching in università europee e così via. È vero che alcune di queste azioni sono state intraprese, per esempio le chiamate esterne, ma non in relazione alle debolezze dell’Ateneo e soprattutto non come parte di un programma organico per il miglioramento della qualità della ricerca. 

Se fossimo andati in questa direzione, forse oggi potremmo guardare alla VQR 2020-2024 con più ottimismo e aspirare a ottenere qualche dipartimento di eccellenza in più, senza dover rivoluzionale l’assetto dell’Ateneo

In conclusione, credo che la soluzione di aggregazione proposta rischi di essere un pasto troppo indigesto per il nostro Ateneo. Di contro penso che quanto prima si prende consapevolezza dell’importanza del tema della qualità della ricerca e, con visione strategica, si intraprende una strada di lungo termine per il miglioramento della performance della ricerca, tanto prima si potranno incrementare le risorse relative alla quota premiale del FFO e il numero di dipartimenti di Eccellenza, lasciando ai docenti la libertà di associarsi in aggregazioni dipartimentali sulla base di una dimensione culturale e relazionale come dovrebbe essere in ogni Università. 


Vi dò un arrivederci al prossimo numero e Vi saluto cordialmente.

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